La lotta (informatica) all’evasione fiscale

Palazzo Ducale 6

In questi giorni di concitazione per i Commercialisti, molti si interrogano sull’effettiva utilità dello “spesometro”, così come sulla effettiva efficacia del nuovo “redditometro” per stanare gli evasori fiscali.

In realtà, concentrandosi esclusivamente sullo studio dettagliato dei singoli strumenti, si perde la visione di insieme della strategia di lotta all’evasione. Scopo di questo articolo è pertanto quello di fare ordine nella ingarbugliata matassa di adempimenti e di tecniche impositive per cercare di capire come essi, in aggregato, possano fare emergere l’economia sommersa che sfugge alla tassazione.

Come si vedrà, alla base della caccia all’evasione c’è oggi l’ampio utilizzo della tecnologia informatica, fondata sulla tracciabilità di un elemento che tutti possediamo fin dalla nascita ma che spesso dimentichiamo di avere: il codice fiscale.

Per rendere l’esposizione più semplice e di facile lettura, partiamo da un esempio tratto dalla realtà operativa: poniamo il caso di un giovane “mago di internet” che mette in piedi una redditizia attività di commercio online sconosciuta al fisco e, seguendo il suo comportamento passo dopo passo, vediamo come egli lasci in giro le sue tracce e come l’Agenzia delle Entrate possa riuscire a stanarlo con l’ausilio della tecnologia dell’informazione.

In primo luogo, dal momento che il soggetto dell’esempio svolge un’attività basata su transazioni on-line, avrà necessariamente bisogno di un conto corrente bancario di appoggio su cui far confluire i proventi della propria attività; necessariamente quindi dovrà recarsi in banca e aprire un rapporto. La banca dunque lo identificherà sulla base del suo codice fiscale. Immaginiamo poi che la sua attività cominci a fruttargli un bel po’ di soldi: questi, necessariamente, transiteranno sul conto corrente bancario. Il nostro soggetto, ad un certo punto, deciderà di farsi furbo e di non dichiarare alcunché al fisco: in fondo, perché farsi volontariamente prelevare quasi la metà del proprio reddito quando si possono invece utilizzare i proventi dell’attività per fare la “bella vita”?

Ciò che il malcapitato non sa è che la banca, in seguito alla definitiva realizzazione dell’anagrafe dei conti correnti, è obbligata a inviare periodicamente in via telematica all’Agenzia delle Entrate il dettaglio di tutti i rapporti intrattenuti con la propria clientela, identificata proprio mediante il codice fiscale.

Ma andiamo avanti: quali saranno i bisogni da soddisfare con i primi guadagni? Facile: shopping sfrenato, viaggi, una bella automobile. E qui interviene lo spesometro: tutti gli acquisti superiori a 3600 euro effettuati presso commercianti al dettaglio (o di qualsiasi importo se documentati da fattura) sono soggetti alla rilevazione del codice fiscale da parte dall’esercente che, a sua volta, provvederà annualmente a comunicare all’Agenzia delle Entrate in via telematica l’elenco dei propri clienti.

Ancora: soddisfatti i bisogni “minori”, dato che l’attività è redditizia, il furbetto decide di costruirsi la casa dei suoi sogni, diciamo una villa di cinquecento metri quadrati con giardino e piscina.  Acquistato il terreno, il nostro chiede il permesso di costruire allo sportello unico per l’edilizia del Comune in cui ha deciso di stabilirsi: egli non sa tuttavia che il Comune stesso comunicherà all’Agenzia delle Entrate il suo codice fiscale, in quanto destinatario del provvedimento di assenso all’attività edificatoria. Inoltre, egli non presta attenzione al fatto che le fatture del costruttore edile a lui intestate con indicazione del codice fiscale confluiranno nello spesometro redatto annualmente da quest’ultimo e che, ultimata la costruzione, tutti i dati relativi alle utenze domestiche (energia, acqua, telefono, pay TV, eccetera) verranno comunicate telematicamente dai singoli gestori all’Agenzia delle Entrate.

E non dimentichiamoci di un dato importante: ovviamente, il soggetto esaminato non ha presentato la dichiarazione dei redditi!

Passano un paio di anni, l’attività continua ad andare a gonfie vele e il nostro è convinto di averla fatta franca: intanto, in un oscuro caveau, nell’immenso database contenuto nei server in cui sono confluiti i dati dei movimenti imputabili ai codici fiscali di tutti gli italiani, opera silenzioso un crawler messo a punto dai tecnici informatici dell’Agenzia delle Entrate, ossia un programma che ha il compito di cercare proprio quei codici fiscali che presentano anomalie e discordanze tra le spese sostenute e il reddito dichiarato (o non dichiarato!).

Indovinate quale codice fiscale verrà fuori tra quelli estratti dal programma – robot?

Manco a dirlo, il furbetto in questione ha una elevatissima probabilità di essere selezionato per un successivo accertamento sintetico o da redditometro.

Qualcuno dirà che il sistema così congegnato non è comunque esente da alcuni limiti: può benissimo accadere, per esempio in riferimento allo spesometro, che qualche esercente commerciale sia a sua volta un furbo che si mette d’accordo con l’evasore per alterare il contenuto dei dati trasmessi all’Agenzia delle Entrate, per fare in modo che il dato relativo all’evasore citato non figuri. Tuttavia, è bene ricordare che il sistema lavora sui “grandi numeri”: è pertanto pressoché impossibile riuscire ad occultare qualunque traccia delle spese sostenute.

Per concludere, insomma, il presente e il futuro della lotta all’evasione risiedono sempre più sull’implementazione delle tecnologie informatiche che costituiscono oramai una sorta di “Grande Fratello” di orwelliana memoria, dedicato alla caccia ai contribuenti infedeli.

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