Beni in godimento ai soci e fringe benefits

Il decreto-legge 138 /2011, meglio noto come “manovra di Ferragosto”, ha introdotto all’articolo 2, comma 36 – quaterdecies, una norma destinata a incidere pesantemente nella determinazione dell’imponibile fiscale sia delle aziende sia dei soci o dei familiari dell’imprenditore; la disposizione in questione, applicabile a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione (e quindi, in sostanza, dal 1 gennaio 2012), è inoltre destinata a creare notevole confusione anche in ordine all’applicabilità delle regole fiscali sui fringe benefits. In attesa degli auspicati chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, proviamo ad analizzare la situazione attuale nei suoi immediati risvolti pratici con riguardo proprio a quest’ultimo aspetto e significativamente al caso in cui i beni aziendali sono attribuiti in uso ai soci di S.r.l..

La norma in discussione dispone che “I costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile“. Posto che, in mancanza di specificazione, per “beni dell’impresa” si devono intendere tanto i beni strumentali quanto i beni – merce (e, secondo alcuni, anche i beni posseduti in locazione o leasing), la locuzione “in ogni caso” sembrerebbe introdurre una presunzione di indeducibilità assoluta dei suddetti costi laddove non venga rispettato il disposto normativo, ossia laddove il socio beneficiario della concessione in godimento non corrisponda alla società concedente un corrispettivo per l’utilizzo pari al suo valore di mercato. Un’interpretazione letterale della norma, pertanto, comporterebbe ad esempio per l’utilizzo delle autovetture aziendali la corresponsione di un corrispettivo pari almeno alle tariffe praticate dalle società di autonoleggio o, per l’utilizzo di un appartamento posseduto da una società di gestione immobiliare, pari al prezzo corrente sul mercato delle locazioni.

Inoltre, nel caso in cui il corrispettivo annuo risultasse inferiore al valore di mercato, la differenza, ai sensi del comma 36 – terdecies, verrebbe ripresa a tassazione a titolo di reddito diverso di cui all’articolo 67 del Tuir in capo alla persona fisica beneficiaria della stessa concessione, ferma restando l’indeducibilità in capo all’azienda dei costi di gestione del bene.

Tuttavia va sottolineato che, fino ad oggi, l’utilizzo dei beni aziendali (significativamente autovetture e fabbricati) attribuiti al titolo di retribuzione in natura ai soci che rivestono la qualifica di amministratori o di lavoratori è stato assoggettato a tassazione nell’ambito dei redditi da lavoro dipendente.

Occorre infatti tenere presente che:

  • la norma della manovra bis non ha esplicitamente abrogato le disposizioni dell’articolo 51 del Tuir in tema di fringe benefits, ossia di assoggettamento a tassazione del godimento di alcuni beni la cui disponibilità è attribuita al lavoratore dipendente o all’amministratore di società (le cui retribuzioni sono assimilate a quelle di lavoro dipendente) in luogo dei compensi in denaro o in aggiunta agli stessi;
  •  la novità normativa suddetta non ha inoltre esplicitamente abrogato le altre norme già presenti nell’ordinamento tributario che assoggettano a deducibilità limitata l’utilizzo di taluni beni; nello specifico, è pienamente vigente l’articolo 164 del Tuir che disciplina in ordine alla deducibilità dei mezzi a motore.

In dettaglio, nel caso in cui al socio titolare di reddito di lavoro dipendente o assimilato vengano attribuiti a titolo di retribuzione valori diversi dal denaro, la determinazione del corrispondente in denaro da assoggettare a tassazione è stabilita dall’articolo 51, comma 3, nel valore normale (a sua volta definito nell’articolo 9 del Tuir) dei beni e servizi concessi. Laddove il beneficio si concretizzi nella concessione per uso promiscuo di beni quali autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori o nella concessione in locazione, uso o comodato di fabbricati, il successivo comma 4, del Tuir stabilisce che il valore normale debba intendersi come segue:

  • per autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori si assume il 30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI; in tal caso, i costi sostenuti dalla società per i beni suddetti sono deducibili nella misura del 90% (art. 164 Tuir);
  • per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso.

Come si concilia, pertanto, la tassazione dei fringe benefits con la novità normativa che prevede, come detto, l’indeducibilità “in ogni caso” dei costi dei beni d’impresa assegnati ai soci senza corrispettivo? Proviamo a tracciare di seguito alcune ipotesi.

  • Interpretazione restrittiva A: nel caso in cui la nuova normativa vada intesa nel senso di una abrogazione tacita del sistema di tassazione dei fringe benefits così come applicato fino ad oggi, la società concedente, per poter continuare a dedurre fiscalmente i costi relativi alle autovetture e agli immobili, sarebbe costretta a richiedere al socio un corrispettivo pari al valore di mercato della relativa concessione in godimento. Ove così non fosse, oltre all’indeducibilità dei costi in capo alla società scatterebbe la tassazione in capo al socio, quale reddito diverso, del valore di mercato dell’utilizzo del bene;
  • Interpretazione restrittiva B: la nuova normativa parla espressamente di “valore di mercato”, concetto non necessariamente assimilabile a quello di “valore normale”; infatti, posto che il valore normale per la concessione in utilizzo di mezzi a motore e fabbricati scaturisce da una determinazione forfettaria fatta dalla stessa normativa in tema di redditi di lavoro dipendente, la differenza tra valore di mercato e valore normale determinato forfettariamente sarebbe tassabile in capo al titolare di reddito di lavoro dipendente come reddito diverso, ferma restando l’assoggettabilità al reddito di lavoro dipendente del valore normale forfettariamente calcolato. Anche in questo caso, tuttavia, il tenore letterale della nuova norma farebbe scattare in capo alla società l’indeducibilità dei costi per autoveicoli e fabbricati, depotenziando nei fatti la normativa sui fringe benefits;
  • Interpretazione “concessiva”: la nuova normativa sarebbe applicabile in tutti quei casi in cui non sussiste alcuna forma di tassazione a fronte della concessione in godimento dei beni aziendali, restando escluso il caso in cui detta concessione costituisce un fringe benefit, per cui resterebbe tuttora applicabile la normativa già vigente; in tal caso l’azienda potrebbe continuare a dedurre i costi per autovetture e immobili concessi in utilizzo ai soci che rivestono la qualifica di amministratori o lavoratori dipendenti. In mancanza dell’abrogazione espressa delle norme in tema di fringe benefit, si ritiene che questa sia l’interpretazione più logica, anche in considerazione del fatto che l’articolo 67  del Tuir, dedicato ai redditi diversi, dispone espressamente che le tipologie di reddito elencate nell’articolo medesimo costituiscano redditi diversi solo se non costituiscono redditi di capitale e se non sono conseguiti nell’esercizio di arti, professioni o imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

Una presa di posizione da parte dell’Agenzia delle Entrate diversa dall’ultima ipotesi prospettata avrebbe l’effetto di far sorgere un consistente contenzioso davanti alle commissioni tributarie da parte delle società concedenti i beni in utilizzo.

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