La coda lunga delle attività del commercialista

Apro il mio blog con una serie di riflessioni scaturite dal corso sull’organizzazione dello studio professionale, tenutosi l’8 e il 9 febbraio scorsi, programmato nell’ambito delle attività formative dell’ODCEC di Catanzaro.

Desidero iniziare le mie riflessioni online con questo argomento perché esso costituisce per me, da sempre, un vero e proprio credo professionale.

Guardate questo simpatico brontosauro qui sotto tratto dal post Chasing the long tail di Matt Powell.

Immagine di Matt Powell da LeftClick Blog
Immagine di Matt Powell da LeftClick Blog

Esso rappresenta in maniera immediata e divertente la teoria con cui Chris Anderson descrive alcuni modelli economici e commerciali affermatisi con la new economy. Per farla breve, traducendo dall’inglese, il numero di risultati ad una richiesta è tanto più alto quanto più generica è la domanda stessa. Il numero di risultati invece tende a ridursi quando la domanda diventa più specifica.

Applicando la suddetta teoria alla categoria dei commercialisti, chiediamoci: quanti professionisti sono pronti a rispondere alla generica richiesta di fornire servizi di contabilità, bilancio e adempimenti fiscali? Di sicuro tantissimi. Queste, infatti, sono le principali richieste che provengono dal nostro mercato di riferimento (imprenditori e professionisti, il popolo delle partite IVA). Il numero dei colleghi pronti a esaudire la richiesta è dunque pari al 100%; questa richiesta trova dunque un numero di risultati che, nel grafico, corrisponde alla testa del brontosauro.

Tuttavia, per vocazione personale o per mancanza d’interesse verso altre specializzazioni, molti colleghi si limitano ad offrire sul mercato solo questi servizi di base. Se il mercato richiede di fornire ad esempio, oltre alle prestazioni di base, un servizio di revisione legale, quanti sono immediatamente pronti ad eseguirlo? Nell’esperimento condotto durante il seminario, eravamo circa il 50% dei presenti in aula. Dunque, all’aumento di specificità della richiesta, il numero di professionisti disponibili a fornire il servizio si è drasticamente ridotto. Ci siamo pertanto spostati sulla schiena del brontosauro.

Quando, infine, è stato chiesto quanti dei presenti in aula avessero intrapreso per i propri clienti un percorso di controllo di gestione, quindi un’attività di alta specializzazione, a rispondere positivamente siamo rimasti solo in quattro. Ci siamo ritrovati dunque sulla coda del nostro amico brontosauro.

Qual è dunque la riflessione che ne scaturisce?

  • Dobbiamo investigare quali sono, oltre alla necessaria e generica consulenza contabile e fiscale, le ulteriori esigenze dei nostri clienti che necessitano di essere soddisfatte; in una parola, dobbiamo conoscere il cliente;
  • dobbiamo ampliare il range dei servizi offerti, andando a offrire ai clienti una serie di servizi specifici altrimenti non reperibili; in una parola, dobbiamo diversificare la fornitura di servizi professionali;
  • dobbiamo vincere la resistenza ai sacrifici che il cambiamento impone e percorrere nuove strade di aggiornamento professionale.

Solo in questo modo, rifacendoci all’immagine illustrata, scopriremo che il brontosauro, voltandosi indietro, riesce a scorgere la sua lunga coda.

3 commenti su “La coda lunga delle attività del commercialista”

  1. William Brognieri

    Condivido in pieno tale riflessione e aggiungo che, anche se potrebbe sembrare che il nostro mercato di riferimento non sia pronto per un’evoluzione in tal senso, non è così… Ritengo altresì che sia anche compito della capacità proattiva del professionista, portare il mercato ad un’evoluzione nella direzione delineata.

  2. Salve dottore sono uno studente di economia che vorrebbe, un giorno, esercitare la professione. Analizzando l’effetto coda lunga ho notato come la somma delle specificità di determinati settori, le cosiddette nicchie, riescano a coprire, se non addirittura a superare il valore di una probabile clientela considerata “di testa”. Le suddette solitamente non hanno una particolare concentrazione territoriale quindi l’interezza o quantomeno la maggioranza di queste è praticamente ingestibile, il problema di fondo è quindi un limite fisico per cui le “nicchie” propendono per il loro commercialista locale e magari poco specializzato piuttosto che per un soggetto capace e preparato.
    Prendendo esempio dalle assicurazioni online si può ben capire come queste riescano a gestire in modo efficiente la propria clientela abbassando notevolmente il premio al cliente finale e incrementando i propri profitti creando una soddisfazione bilaterale difficile da ignorare. Il successo è quindi dovuto allo sfruttamento delle opportunità che offre la rete per abbattere ogni vincolo territoriale.
    Le scrivo quindi per capire se costituendo una sorta di postazione online di riferimento per la clientela si possa attrarre “la coda” gestendola completamente per via telematica.
    Inoltre dal mio punto di vista non si devono ignorare tutte quelle piccole imprese solitamente a gestione familiare (tabacchini, cartolerie, bar ecc) che a parità di servizio sono più propense a spendere poco avendo una bassa elasticità, agendo quindi sulla falsa riga dei servizi offerti dalle assicurazioni online.
    Pensare a parcelle forfettarie particolarmente basse che puntino a target medio-bassi puntando quindi sulla quantità, la coda, la somma dei tanti “piccoli” che superano i pochi “grandi”. Basti pensare al numero di bar e tabacchini che operano sotto una determinata provincia,quantitativamente la mole di lavoro sarebbe veramente grande ma di contro credo che i ritorni ripagherebbero l’operato.

    1. Ciao Marco e grazie del tuo commento.
      Ti rispondo con due osservazioni:
      1) il mio concetto di “long tail” è differente da come tu lo hai inteso; io intendevo dire che ormai le attività di rendicontazione contabile e fiscale (salvo casi di alta specializzazione, come la consulenza tributaria “pura”) si connotano come routine a basso valore aggiunto, poichè la concorrenza è divenuta fortissima e la scelta del profressionista ricade sul prezzo pittosto che sulla qualità del servizio; un professionista capace dovrebbe fornire, a mio avviso, oltre alle suddette prestazioni anche altri e più qualificati servizi di consulenza ad esempio in tema di diritto societario, revisione legale, finanza aziendale e controllo di gestione;
      2) sì all’utilizzo di piattaforme telematiche, ma ritengo che per i già sopracitati motivi gestire una notevole mole di piccole contabilità a basso prezzo sia diseconomico, in quanto i margini sono già risicati oggi, figurati cosa succederebbe a ridurli ancora; inoltre, per fare accounting su vasta scala servono consistenti investimenti in tecnologia (server robusto, procedure di backup affidabili e software dedicato) e personale (dipendenti che curino 20 – 30 contabilità a testa); la differenza tra costi e ricavi rischierebbe di rendere il business poco appetibile.
      Ciao e grazie

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