Sopravvivere al credit crunch

A bad day in the office...

Oggi voglio raccontare una storia.

Un’azienda, ben organizzata e ben diretta, riesce negli anni dell’esplosione della crisi economico – finanziaria ad agire in controtendenza, conseguendo livelli soddisfacenti di utili, non distribuiti e accantonati a riserva, così riuscendo a prosperare nonostante la difficile congiuntura economica.

Tutto sembra procedere a gonfie vele, quando a un certo punto il meccanismo s’inceppa: dopo il collaudo di un importante appalto, un cliente, in forti difficoltà finanziarie, ritarda sine die il pagamento del consistente saldo dovuto alla nostra protagonista. Non solo: lo stesso cliente aveva in precedenza commissionato un’ulteriore appalto, per cui l’azienda aveva già provveduto ad acquistare e stoccare in magazzino le materie prime necessarie.

Risultato: i mancati pagamenti da parte del cliente causano, a loro volta, una situazione di tensione finanziaria, che sfocia, nel tempo, nello sconfinamento dei fidi concessi e nel peggioramento dell’andamento dei dati della Centrale Rischi; inoltre, l’immobilizzo delle scorte in magazzino determina, insieme all’incremento dei debiti a breve, la flessione dello scoring di bilancio. I due effetti, congiuntamente, determinano la diminuzione del rating complessivo attribuito dal sistema bancario.

La reazione delle banche, ovviamente, arriva: nel giro di un paio di esercizi vengono notevolmente ridotti gli affidamenti e, addirittura, un istituto ne chiede il rientro.

A sbrogliare la matassa viene chiamato un professionista che, in primo luogo, elabora l’analisi dei bilanci più recenti. Da ciò riscontra che, nonostante il peggioramento della situazione finanziaria, la redditività operativa continua ad essere soddisfacente. Gli esiti dell’analisi di cui sopra vengono rappresentati agli istituti finanziari: in particolare, viene fatto notare che il core business è sempre in grado di generare redditività e che la situazione di tensione finanziaria riscontrata è strettamente correlata con le problematiche che hanno interessato l’unico cliente insolvente. Infatti, i pagamenti da parte degli altri clienti continuano ad essere regolari e, anzi, proprio l’esperienza con la “mela marcia” ha portato l’amministratore a rivedere tutti i rapporti commerciali in essere, chiudendo quelli con i clienti potenzialmente non solvibili; ciò onde evitare ulteriori ripercussioni finanziarie derivanti dall’incaglio di altri crediti commerciali.

Viene inoltre rappresentato che l’andamento dei rapporti  bancari, fino all’inconveniente sopra esposto, ha avuto sempre connotazioni positive; infine, viene reso noto l’avvio di un piano di dismissioni delle immobilizzazioni ritenute non più necessarie, onde generare liquidità per la gestione senza ricorrere a ulteriore indebitamento.

Dopo qualche settimana di attesa in cui, comunque, le temute procedure di rientro non hanno avuto seguito, le banche dichiarano di condividere le analisi condotte dal consulente aziendale; pertanto, di comune accordo, si provvede a trasformare alcuni affidamenti a breve in prestiti a medio lunga scadenza, tenendo conto della capacità aziendale di generare cash flow. In tal modo, il generale miglioramento del rating aziendale, congiuntamente alla capacità di far fronte al pagamento delle rate di prestito, fa sì che il sistema bancario torni a considerare l’azienda come un soggetto solido e solvibile e si renda disponibile a concedere, nell’immediato futuro, nuovi affidamenti correlati al sostegno delle politiche commerciali.

Morale: la storia fin qui raccontata dimostra che la trasparenza, in finanza aziendale, premia sempre. Il sistema bancario non va considerato come un antagonista dell’azienda ma, piuttosto, un partner nello sviluppo e nella crescita. Come tale, tuttavia, va reso partecipe dell’andamento aziendale al pari di ogni stakeholder e ciò anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, spiegando come e perché determinate situazioni si siano generate. In tal modo, i finanziatori saranno messi in condizione di comprendere che anche una eventuale flessione degli indicatori di performance può non essere significativa delle reali potenzialità dell’azienda, che continua ad essere meritevole di fiducia.

Ancora una volta va ricordato, come già in passato, che la trasparenza deve trovare spazio soprattutto nei bilanci d’esercizio, che devono essere sempre completi di tutte le informazioni necessarie a consentire un giudizio sereno ed obiettivo.

 [image credits Flickr user]

1 commento su “Sopravvivere al credit crunch”

  1. Certo, la comunicazione finanziaria, intesa anche come la capacità di parlare al mondo bancario, sta diventando fondamentale per la sopravvivenza in periodi di crisi come questi.
    Ma anche la capacità di selezionare la clientela e vigilare sull’incassato, che è diventato più importante del fatturato vero e proprio, a causa della mancanza di liquidità.
    Ben vengano allora i professionisti preparati se i bancari non sono così lungimiranti.

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